sabato 5 novembre 2011

Genova, la "Superba".


Il vento bussa forte alla mia finestra. Apro per permettergli di entrare, di accarezzarmi come di consueto i capelli, increspandoli col salino. Mi avevano però avvertito che il vento del 04 novembre sarebbe stato diverso. Si è infatti mosso rapido, veloce, a prendere per mano nubi scure, grigie, per accompagnarle sopra i cieli di Genova, fermandosi.
Le si potevano vedere lì, sole, in attesa, a guardare in basso, quasi ad aspettare che nessuno le vedesse più, le considerasse, per poter così decidersi a sputare sprezzanti sull'asfalto ed il cemento, ad orinare in qualche angolo, in qualche torrente.
Incessanti, riversavano millimetri e millimetri di liquidi, non fermandosi nemmeno alle suppliche e preghiere di quei piccoli esseri in difficoltà, travolti, abbattuti, annegati.
Le si poteva sentir ridere nei loro scrosci, divertite nello sbattere un'intera città in ginocchio.
La speranza di poter alzare il dito medio, di gridare "non siete riuscite a fotterci!" si frantuma sui bollettini di guerra che viaggiano di radio in radio, di bocca in bocca. Le mani sporche di fango sono alla ricerca di qualcosa, di un movimento, di un qualche segno di vita. In 6 non ce l'hanno fatta, in 6 sono stati ammazzati. Non si è guardato in faccia a nessuno, anziani, donne e... bambini. Abbiamo perso su tutti i fronti.
Genova è una città distrutta, allagata, annegata.
Ma Genova è la Superba, e come tale deve resitere. E' giunto il momento di dimostrare di essere in grado di riprendersi, di rialzarsi, di tornare a vivere come già nel '70.
Il tutto, con l'auspicio che quello stesso vento prenda a calci in culo quelle stesse nuvole bastarde, regalando tranquillità e qualche raggio di sole.

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