domenica 29 aprile 2012

The Orphanage (di J. A. Bayona)

Una domenica di cinema horror, ma di qualità.
Ormai lo ripeto neppure fossi un disco rotto od il tasto repeat dell'iPod, vedere un film originale, soprattutto del genere di The Orphanage è una cosa rara. Vederlo decente ancora di più.
La pellicola che vi propongo questa sera - correva l'anno 2007 -  non è originale ma è più che decente.
Trama.
Donna torna con marito e risistema una villa antica per creare un luogo di accoglienza per bambini con disturbi. La villa antica, in realtà, in passato è stata l'orfanotrofio dove la donna è cresciuta.
Inciso, la famigliola ha adottato un bambino sieropositivo che vede gente invisibile. Strano ma proprio così.
Mi aspetto un vostro "di nuovo?!" oppure un click sulla "x" in alto a destra dello schermo, in realtà non lasciatevi fuorviare dalla non originalità della trama e proseguite per le prossime 10 righe e quasi 100 minuti di film.
Gli attori e la ricercata psicologia, infatti, meritano una visione; l'ossessione di una madre alla disperata ricerca di quel bambino che non è nemmeno suo vengono descritti e rappresentati con precisione ed intensità, e non lasciati al caso di un film fatto tanto per fare, tanto per spendere un budget [sarà che c'entra anche un pochino Guillermo del Toro? (nessuno mi tocchi "Il labirinto del fauno")].
Impressioni.
Come avrete capito non mi sono annoiato né ho interrotto indispettito la visione.
Ogni tanto devo ammettere che coprivo un occhio, giusto per evitare il sobbalzo in caso di spavento anche se, per la verità, non è successo poi troppe volte (è una tecnica che con me pare funzionare; c'è chi si copre tutti e due gli occhi, sempre, per tutto il film, ma questa è un'altra storia) .

Quindi, luce spenta, volume medio/alto e buna visione.

sabato 28 aprile 2012

Siamo sempre qui, forse.

Cari in-coscienti,
non ci siamo dimenticati di voi.
Questa settimana è stata frenetica e piena, con chi a Lisbona, chi a casa o chi, più semplicemente, a non fare un cazzo.
Le disavventure di questo scabercio blog (scabercio fig. marcio e similari) proseguono già da questo week-end con il solito appuntamento con la domenica del cinema, pseudo-horror.
Certi della vostra comprensione, vi auguriamo un felice Natale ed un gioioso anno nuovo. Ah, no, scusate. Semplicemente buon fine settimana e ponte per quegli stronzi che se lo fanno.
Io stasera vado a vedere gli Ex-Otago, fate vobis.
Baci.

martedì 24 aprile 2012

Quinta riflessione

Parliamoci chiaro, é il mio continuo, insensato, aver bisogno di conferme che mi frega.

Certo, essere stata lasciata dopo otto anni con un sms e scoprire, poche settimane dopo, che lui stava con un’altra non ha fatto bene alla mia autostima!

E mi ritrovo a fare brutti pensieri e ad avere un’infondata paura che una qualsiasi relazione con il prossimo possa svanire così, da un giorno all’altro, senza un motivo apparente.
E penso, penso e ancora penso = mi inabisso in incredibili seghe mentali.

Ci sono delle volte che io stessa mi stanco dei miei pensieri.
Vorrei poter tirare un sospiro di sollievo e dirmi, finalmente, “tutto sta andando bene, stai tranquilla”, perché questa è la verità.
Sto bene.
Come non stavo da tanto.
Eppure sono alla continua ricerca di un gesto, una parola, di un piccolo dettaglio che completi il tutto, che mi rassicuri.

Anni fa ho letto su una rivista un articolo che consigliava di fare brutti pensieri, i peggiori, qualche giorno prima di prendere l’aereo per esorcizzare la paura del volo.

Ecco, diciamo che ho paura di volare.

domenica 22 aprile 2012

To Rome with love (di W. Allen)


Dopo Midnight in Paris, Woody Allen ha finalmente ripreso i panni di sé stesso mettendosi in prima persona a recitare come un consueto e semplicissimo Woody Allen, senza snaturare le doti artistiche di qualche altro attore hollywoodiano e non.
Il quasi ottantenne regista porta la sua ciurma in una Roma fantastica, raccontando in poco più di un'ora e mezza quattro storie che in sé han qualcosa da dire, ma per come sono ingegnate perdono decisamente molto. Punto.
Si passa dal il giovane provinciale che con la neo-sposa arriva a Roma in cerca di quel lavoro che potrebbe consentirgli di cambiare vita, allo studentello di architettura che si invaghisce della miglior amica della fidanzata, attrice, depressa (così si dice), ma con l'allure da femme fatale.
Paura di cambiare per la prima coppia? Meglio un passionale amore superficiale o la certezza di un sentimento ricambiato? Boh, magari è così.
Si arriva poi al Signor Nessuno, uomo medio, sposato e con famiglia altrettanto media, che alle 7.00 di una mattina come tante altre si ritrova invece travolto dalla notorietà. Di punto in bianco tutto è per lui e tutto è lui. Capacità di riconoscere sé stessi, o voglia di essere? Ri-boh, banale.
Infine,  uomo "schiavo"  della pensione (beato lui di questi tempi) rinvede in un titolare di onoranze funebri il nuovo "quarto tenore" in un turbinio di conflitti familiari e docce alla Scala. Meno-boh e più funny.
Le storie passano, per carità, ma Allen ci ficca dentro una serie interminabile di  stereotipi di un tempo che non c'è più, certamente voluti ma che non mi aspettavo e che, soprattutto, non ho compreso.
Son certo che nella mente dell'occhialuto regista ci fosse più di quello che chiaramente esce fuori da ogni sit, ma non ci sono proprio arrivato (o non è stato in grado di farmici arrivare, sia chiaro).
Non capisco il mix tra anni '60 e 2000, il perché degli abiti così scialbi, del vigile che dirige ancora il traffico in una Roma contemporanea. Qualcuno mi aiuti!
"E' rimasto ai tempi di Fellini e della Magnani", mi ha suggerito la vocina di fianco a me. Assolutamente vero, ma perché?! L'italiano è davvero visto così cesso?
Il film nel complesso non prende il volo ma non addormenta, si lascia anche vedere strappando più di un sorriso. Ma per sorridere così basta una commediola qualunque.
Certamente non un film che si ricorda o che si deve per forza far fatica a ricordare.

P.S.: vi consiglio quest'altro point of view che vi linko qui.

sabato 21 aprile 2012

La Punzicata: Dott. A. intervista il candidato Giovanni Merialdo

Carissimi lettori, 

con mia grande gioia, questa settimana mi dedicherò ad uno dei miei argomenti preferiti, ovvero, la politica ed ho l'occasione di farlo intervistando un personaggio a me caro perchè, in passato, che è stato addirittura mio istruttore di Savate.

Si chiama Giovanni Merialdo, è architetto e non si sa bene per quale motivo, ma forse ce lo dirà lui più avanti, ha deciso di candidarsi alle prossime elezioni comunali di Genova, sia come Consigliere Comunale, sia come Consigliere del VIII Municipio medio Levante con la lista che sostiene Marco Doria.

Questa però è "La Punzicata" e nonostante l'affetto che ci lega, io non vado per il sottile con nessuno, soprattutto se si tratta di un aspirante esponente della "Casta". Quindi via con le domande e poi vedremo se ci avrà convinto:

Immagine elettorale di proprietà di Giovanni Merialdo
Architetto Merialdo, ci racconti in due parole di lei, da quanti anni vive a Genova? Cosa fa per mantenersi? Ha conflitti d'interesse? Insomma noi elettori vogliamo sapere quanto è lungo il suo guinzaglio prima di votarla!

Sono nato e sempre vissuto a Genova, ma non parlatemi in genovese! Ahimè lo capisco poco e lo parlo ancora meno, ma sono genoano, da sempre, ovviamente!
Ho fatto molto volontariato, che poi mi ha anche portato a fare l'educatore presso comunità alloggio il Ce.sto e successivamente mi sono stati assegnati dalle asl tre affidi educativi. Tutto cio' mentre studiavo architettura (nel frattempo anche servizio civile).
Per fortuna, o per sfortuna, mi mantengo facendo l'architetto. Un bellissimo lavoro, ma la burocrazia prende il 90% dello spazio e del tempo. Insegno savate, ma per passione e per obbligarmi a fare stretching almeno 2 volte alla settimana.
In generale i conflitti d'interesse ci potrebbero essere sempre. Daltronde a mio parere un consigliere meglio se continua a fare anche il proprio mestiere, perche' se il suo mestiere diventa la politica, chi lo toglie piu' da li'? E chissa' come difenderebbe i privilegi dei politici. Questo e' uno dei problemi che ho riscontrato all'interno, troppa gente di mestiere fa il politico...
Un sistema per cui si puo' limitare il conflitto d'interesse e' la trasparenza. A tal proposito sto organizzando un evento per il software libero. Sono un grande sostenitore della partecipazione, del risparmio e della possibilita' per tutti di accedere a tutti i dati. Il risparmio economico in realtà e' relativo, nel senso che quello che non si da alla Microsoft lo si deve investire in servizi, in formazione (e quindi lavoro per molti giovani o menno giovani genovesi). i dettagli e i contenuti dell'evento li postero' prossimamente.
E dopo tutti questi anni a Genova come le è venuta l'idea di candidarsi? Non penserà mica di essere una novità?
Non e' stata un'idea o qualcosa di meditato. E' stata l'incazzatura di vedere certa gente in politica. E poi Pisapia e Doria: rendermi conto (con sorpresa) che noi italiani non siamo cosi' sprovveduti. E' quindi arrivato il momento di poter pensare di prendermi anche delle responsabilità e non solo di lamentarmi, o incazzarmi. Ho 42 anni o adesso o mai piu'.
Non si fa altro che parlare del problema dell'occupazione per i giovani in questa città. Sicuramente se verrà eletto il primo problema lei lo avrà risolto ma ai giovani chi ci pensa? Vedo dalla sua foto qualche capello bianco, non si reputerà mica un giovane lei?
Purtroppo l'occupazione non e' un problema solo dei giovani!, o forse, allora, anch'io mi posso considerare giovane!? Anzi, per i miei coetanei e' un problema ancora maggiore, hanno famiglia, mutuo e spesso sono laureati. In effetti tutti gli amici che ho contattato mettono in primo piano il lavoro. E il problema maggiore per chi ha famiglia e' trovarlo velocemente.

Sto studiando un progetto che prevende un rilancio dell'edilizia, legato al risparmio energetico degli edifici anni 60-70, dei colabrodi energetici, che hanno costi di manutenzione e riscaldamento che diventeranno insostenibili. Quindi operare ora in questo settore darebbe un grande slancio all'edilizia (che e' ferma) e a tutto cio' che gira intorno (studi tecnici, operai, artigiani, imprese, infissi, materiali edili ecc.). Sto consultando delle banche e gente che ho conosciuto a Bolzano dell'agenzia Casaclima.
Altro settore che sto studiando per poter dare subito lavoro e' quello dei servizi legato all'utilizzo del software libero nella Pubblica Amministrazione, nelle scuole, negli ospedali, nelle università.
Quelli di sinistra come lei non parlano d'altro che di ecologia, di buoni sentimenti e di vivere il nostro centro storico, ma il problema della sicurezza come pensate di risolverlo? A colpi di Savate? 
Beh! Non sarebbe nemmeno così spiritosa come risposta! Lo sport aiuta molto, ad avere rispetto degli altri, di se stessi, e quindi ad affrontare meglio brutte situazioni... Non credo comunque che Genova sia una città poco sicura. Indubbiamente ci sono zone della città come alcune parti del centro storico e sampierdarena, in cui la notte non e' proprio prudente andare in giro con la borsa firmata gucci. La sicurezza secondo me e' anche legata all'accoglienza e contestualmente al rispetto delle regole.

In alcuni casi puo' anche aiutare l'uso della tecnologia, non tanto con l'installazione di telecamere, ma ad esempio con una corretta illuminazione (deformazione professionale?).
Se voteremo per lei è probabile che daremo il nostro sostegno anche a Marco Doria. Lei come ha scelto di unirsi a lui? E soprattutto, visto che il problema principale di noi giovani è che la città è "triste e vecchia", come mai dovremmo votare uno che insegnava storia, ha lo sguardo da prete, parla a bassa voce e gira con uno zainetto da sfigato? Enrico Musso gira in BMW è sempre in tiro e pare abbia pure avuto un sacco di donne!
A me e' bastato il fatto che Doria abbia sconfitto le due regine del PD.

Ed e' l'unico che ha sostenuto che l'IMU andra' pagato: sincero, coraggioso, onesto.
Saltando di palo in frasca, lei è un architetto e parla di ecologia, queste due cose, se verrà eletto, ci potranno aiutare in qualche modo a trovare parcheggio e fare meno code oppure ci arricchiranno solo lo spirito?
Queste 2 cose non vi aiuteranno a trovare parcheggio perche' non avrete bisogno di utilizzare l'auto. Quindi contestualmente ci saranno meno macchine e quindi meno code... ma ovviamente l'amministrazione dovra' lavorare bene e con equilibrio per l'efficienza dei mezzi pubblici, e soprattutto per nuove infrastrutture pedonali e ciclabili, che favoriscono anche i piu' deboli ad uscire (anziani, portatori di handicap, bambini).
Un'ultima domanda, Doria ha dichiarato che smantellerà il sistema di potere di sinistra che regna a Genova. Lei è d'accordo? Esiste questo sistema o il problema è solo che non ci sono investimenti, non si produce reddito, la popolazione è vecchia e non c'è ricambio sociale? Insomma di chi è la colpa della sinistra o dell'economia? E voi non siete forse di sinistra? Vi auto-smantellerete?
Sono completamente d'accordo. Aggiungo che non ci sono investimenti e non si produce reddito anche perché non si e' mai smantellato il sistema di potere della sinistra.

Grazie Architetto, forse mi ha convinto e voi lettori cosa ne pensate?

Attendo i vostri commenti qui su In-coscienza, ma il vero giudizio lo vedremo alle urne.

Parola di Dott. A.

venerdì 20 aprile 2012

Doppio Ipse Dixit



"Io, SICURAMENTE, sabato non sarò marcio!"
(my name is nick)

"Ah be', neanch'io!"
(Boh!)



Si accettano scommesse.

giovedì 19 aprile 2012

Con due deca.

Non c’è cazzo che tenga miei cari in-coscienti, gli 883 sono stati, nel bene o nel male, parte integrante della mia – e direi proprio nostra – infanzia.
Non vengano a romperci i coglioni coetanei (fiera leva ’84) dai presunti palati fini, che già a 10 anni ritenevano di essere depositari della verità musicale, fini uditori di Police, ri-uditori di “Crosby, Stills e Nash”, dubbiosi tra Beatles e Rolling Stones. Cazzate.
Sfido a trovare qualcuno che non ha mai canticchiato “Rotta per casa di Dio”, non si è quanto meno mai lievemente depresso ascoltando “Se tornerai”, era indeciso se seguire i consigli di “Sei un mito” o di “Una canzone d’amore”.
Non siete tra questi? Ritenete che ammettere di aver ascoltato gli 883 vi faccia bollare definitivamente come sfigati? Beh, sfigati siete! Ad ogni modo, fortuna vostra, oggi vi viene concessa una seconda opportunità.
A 20 anni dal primo cd, Rock.it ha messo a disposizione sul suo sito ben 21 cover di alcuni (e sottolineo alcuni) successi di Max & co., interpretate da autori del palcoscenico indipendente italiano e da scaricare gratuitamente.
Attenzione però! Una cover è pur sempre una cover, con l’originale molte volte non c’entra veramente nulla e proprio perché mi ritengo un discreto intenditore del primo Pezzali (l’ultimo mi sono rifiutato di sentirlo per non mandare a fare in culo tutta la stima e la simpatia che ho nei suoi confronti), dopo un accurato ascolto-comparazione e facendo ciò che lo stesso Pezzali avrebbe dovuto fare invece di lavarsene le mani come un Pilato qualunque (qui), vi suggerisco alcuni brani interessanti e vi metto sull’attenti per altri che, a mio parere, sono autentiche merdate.
Comincio con le cinque cover che più mi son piaciute (ordine casuale).
1)      Bella vera - Lava Lava Love
Su Twitter ho scritto “Bella vera by @Lava_Lava_Love è di una sensualità senza precedenti. Fighissima e sfido a dire il contrario”. I 140 caratteri non mi hanno permesso altro, ma direi che è più che sufficiente. E quel sottofondo very rock del ritornello, poi.
2)      La regina del Celebrità - Egokid
L’idea di rivedere tutto da occhi opposti è geniale ed il ritmo la rende molto più contemporanea; forse molto più malinconica di quanto non voleva essere ma non sfigura, anzi le regala un originalissimo tocco in più. Da ascoltare e riascoltare.
3)      Cumuli - News for Lulu
Cumuli è sempre stata una delle mie canzoni preferite e quindi il giudizio poteva essere tranquillamente tranchant per ogni nuova versione. I News for Lulu, invece, la reinterpretano in maniera decisamente dolce, pacata e non sopra le righe, azzeccando in pieno.
4)      Gli anni - Colapesce
Secondo me “Gli anni” è assolutamente la canzone più difficile da reinterpretare. Personalmente la considero la pietra d’angolo di tutto il repertorio degli 883, e quindi da toccare con le pinze. Discostarsene completamente è impossibile e Colapesce in questo è stato bravo, aggiungendo una vocalità che ad ogni ascolto la plasma ancor di più.
5)      Sei un mito - Ex Otago
Sugli Ex-Otago ammetto di essere stra di parte, tutto mi sarebbe andato stra-bene e tutto avrei stra-accettato. Devo però ammettere, con l’obiettività che mi contraddistingue, che sono stati gli unici che pur andando oltre, realmente si divertono e riescono a divertire. “Hanno ucciso l’Uomo Ragno! - Non siamo stati noi!”. Folli.
Un ascolto particolare lo merita anche Come deve andare dei Selton, convincente ma sotto quelle cinque.
Ed ora viene il peggio.
Motivi che ascoltati mi hanno fatto dire “perché?!”, non si potevano evitare certe cose, certi scempi, certi obbrobri? Qui l’ordine è voluto, dal meno peggio dei peggiori al, al, vabbé al peggiore. E mi limito a 4.
-1) Nessun Rimpianto - DiMartino
Premetto che dei 21 diversi artisti, solo 6 erano a me noti e tra questi non vi sono i DiMartino o semplicemente DiMartino senza “i”. Certo è che questa canzone non mi dice proprio niente, la trovo piatta e noiosa, pur ammettendo la bravura degli interpreti. Ho fatto veramente fatica ad arrivare al minuto 2.10. E per fortuna che dura solo 2.10 minuti.
-2) La regola di D’Amico - Macrobiotics (Nic Sarno e Dargen D’Amico)
Colpa mia che: a) non apprezzo per nulla l’hip hop (se di hip hop si tratta); b) non ho capito nulla di quello che voleva dire e soprattutto del perché di questa radicale modifica. Dico la verità, l’ho ascoltata ogni volta con un’espressione stupito/schifata, pensando più a quanto fosse brutta piuttosto a cosa volesse dire. Riproverò di nuovo, ma credo che non cambierò opinione.
-3) Una canzone d’amore - Casa del Mirto
Io non avrò quell’accento francese che fa un po’ atmosfére, ma a “parlare” una canzone sono bravi più o meno tutti e credo di esserlo anch’io. Rovinare “Una canzone d’amore” è un colpo al cuore che non perdono. Inqualificabile distruzione di un brano cult (sempre limitatamente agli 883, s’intende).
-4) Weekend - Maria Antonietta
Credo che Maria Antonietta abbia compiuto uno sforzo abissale per creare una vera e propria schifezza, riuscendoci peraltro perfettamente. È l’unica canzone della compilation che non sono mai riuscito a finire. Mi chiedo che cosa volesse cercare/provare con tutti quei lamenti, lagne, nenie. Mamma mia che ansia. Nemmeno fosse durata 2.10 minuti sarei riuscito ad arrivare in fondo. Max, se una canzone fa cagare, fa cagare, diciamolo però.
Sono rimasto lievemente deluso anche da “Con un deca” de I Cani, mi aspettavo di più. Ritengo altresì superfluo l’ascolto di “Come mai (pregando per un synth)” di Amor Fou & AntiteQ e “Nella notte” de Il Triangolo (nulla di nuovo sul fronte occidentale).
Ad ogni modo, gli amanti degli 883 non possono non ascoltare almeno una volta “Con due deca”, una originale rivisitazione di una pezzo di storia musicale italiana.
Concludo ribadendo la totale personalità delle mie affermazioni, liberi di discostarvene nei modi che meglio ritenete.
Buon ascolto.

martedì 17 aprile 2012

Metti un giorno in Tribunale.


Sono in attesa dell’ascensore, mani rigorosamente in tasca, occhi apertamente chiusi e cervello spento.

Sono le 9 del mattino che per il mondo degli avvocati è un po’ come dire un minuto prima dell’alba. Per me, è anche un po’ peggio.

Sento alle mie spalle l’avvicinarsi di un tacchettio nervoso.

Decido di non girarmi, troppa fatica.

Arriva l’ascensore.

Entro senza nemmeno aspettare che le porte siano completamente aperte.

Do una rapida occhiata allo specchio, tanto per capire se conosco il tacco in avvicinamento e per assicurarmi di evitare la prima figura di merda della giornata.

Non lo conosco.

E meno male direi anche. Avrà una quarantina d’anni, truccata come Moira Orfei a carnevale e vestita come una bagascetta (leggasi puttanella) qualsiasi di quattordici anni.

Premo il tasto per il 7° piano. Lei studia un quarto d’ora la pulsantiera e preme il 7° piano. “Ah bene, è anche intelligente”, penso tra me e me.

Entra un uomo. Alto quanto basta per non essere definito basso, sfoggia un’abbronzatura alla Carlo Conti e un sorriso bianco da far invidia alla Mentadent.

Mi guarda con disprezzo, probabilmente per il mio color gialloverdeindefinitocertamentemalato e mi chiede “sale?”.

Ora dico, siamo al piano terra..cosa cazzo vuoi che faccia???

Se vuole proviamo a scendere”..la sottile ironia rimane nella mia testa. Il bellimbusto mi incalza: “mi schiacci il 7°” senza punto interrogativo in fondo tanto che mi viene pure il sospetto che non sia una domanda.

Dovrei dirgli che al mattino insieme all’abito lucido Dolce & Gabbana dovrebbe ricordarsi di prendere anche il cervello, ma ancora una volta la parola non segue il pensiero.

Il manzo all’italiana mi guarda ancora un attimo con rinnovato disprezzo, forse perché non ho schiacciato il 7°. Poi si volta e fissa le tette di Moira Orfei per un bel pò, almeno fino al terzo piano. Finalmente alza gli occhi e ammicca. Moira, colpita da cotanta eleganza, gli regala un sorriso tutto rossetto spingendo il petto in avanti a più non posso.

Ah, quanta classe tutta insieme…

Io, inebetito dal sonno, guardo per terra e finisco con l’ascoltare.

Come stai?

Eh insomma. Un po’ stanca. Tu?

Anche. E’ un periodaccio. Avrei decisamente bisogno di una vacanza. Ma a ponti siamo messi male male. C’è solo quello del primo maggio, poi si tira fino ad agosto”.

Non mi dire….

Per forza niente ponti, è bisestile”.

Teoria interessante…

A Pasqua vai via?

No, quest’anno no. E’ un disastro. Riesco a fare solo quattro giorni, niente vacanza”.

Tempo. Scuole a parte, le vacanze Pasquali si riducono a Pasqua e Pasquetta. Aggiungeteci il sabato, fanno tre giorni. Se vai via quattro giorni significa che, comunque, un giorno di vacanza l’hai fatto. Per amor di precisione e per odio della stupidità. Lo annoto mentalmente e poi, pignolo, torno ad ascoltare.

Belin davvero, è andata male anche a me. Poi che sfiga, quest’anno Pasqua cade di domenica”.

Comecomecome? ChesfigaPasquacadedidomenica??? Lampadato, senti a me..con sta cazzata ti sei giocato Moira Orfei e anche la decenza. Sei un idiota intero. Mi sa che la troietta ti sistema per bene.

Mi preparo ad una risata beffarda, caro il mio tronista…

Eh già. Bella fregatura”. E’ l’intervento, geniale, di meglio darla che tenerla perché rischierebbe di diventare un fastidio.

Ma vaffanculo, va..

Le porte si aprono. Mister cervello fino e Miss sono tutta tua si allontanano, continuando a parlare fitto fitto.

Io, intontito, penso alla domenica di Pasqua e mi convinco che sia tutta colpa dell’anno bisestile.

Che amarezza.

lunedì 16 aprile 2012

In-Poesia: Prima di tutto vennero a prendere gli zingari...

Cari lettori,
da qualche tempo volevo condividere con voi una delle mie poesie preferite e finalmente eccola qui.
L'autore è Bertolt Brecht e la poesia, che alcuni attribuiscono anche al Pastore Martin Niemöller, è stata scritta a Berlino nel 1932.
Personalmente mi ha sempre sorpreso la lungimiranza che impregna le semplici e chiare parole di Brecht, soprattutto se si pensa che a quel tempo Hitler non era ancora cancelliere (lo sarà poi nel 1933) ed il regime non aveva ancora mostrato all'Europa la propria vera natura.
Penso, inoltre, che questa poesia non contenesse solo un messaggio adatto alla politica di quegli anni, ma che possa essere sempre attuale perché ci ricorda una cosa molto importante che spesso si tende a dimenticare, cioè di non stare mai zitti per semplice "amor del quieto vivere", ma di alzare sempre la voce e di farci sentire quando vediamo qualcosa che non ci piace, anche e soprattutto se non ci riguarda direttamente.
Buona lettura,
Dott. A.
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.

venerdì 13 aprile 2012

"pastiera napoletanazza"

Di quattro amiche il 50% si é sempre dilettato in cucina con buoni risultati, il 25% ci prova, non sempre con buoni risultati (scusa P., ma quella crostata non la dimenticheremo mai), e il restante 25%, A., difficilmente lo si trovava tra i fornelli..poi scopre il potere rilassante della preparazione di dolci e quant'altro e alla Vigilia di Natale si presenta con una sacher che Buddy, a lei, fa un baffo e qualche giorno prima di Pasqua ci dice che avrebbe preparato la pastiera!






Non male direi!Io le ho già fatto promettere che per la prossima cena la voglio!
E con grande piacere in-coscienza ospita A. con la ricetta della sua pastiera napoletanazza..

Livello di difficoltà - vorrei prenotare un tavolo per due -
Dosi per 6 persone (abbondanti)

Per la frolla:
2 uova intere (1 intero e 1 albume se si vuole una frolla più friabile)
Burro 100gr.
Zucchero 100gr.
Farina 200-250gr.

Lavorare la farina, il burro e lo zucchero fino a ottenere un composto compatto e abbastanza elastico. Formare con l’impasto ottenuto una palla, avvolgerla nella pellicola trasparente e riporla in frigo per almeno mezzora.

Per il ripieno:
Grano cotto 250gr.
Latte 150 gr.
Limoni: la scorza grattugiata di uno
Burro 20gr.
Zucchero 120gr.
Canditi: 80gr. circa tra arancio e cedro
Cannella: 1 cucchiaino da caffè
Ricotta: 200gr. tra ricotta di pecora e di mucca
Uova: 2
Acqua di fiori d’arancio q.b.

Versare in una pentola il grano, il latte, il burro e la buccia grattugiata del limone; far bollire il tutto a fuoco dolce e mescolare finché la crema non si addensa. Mentre la crema intiepidisce unire in una ciotola uova, zucchero, ricotta, acqua di fiori d’arancio(io vado “a naso”) e cannella. Lavorare fino a ottenere una crema omogenea e senza grumi.
Stendere la pasta frolla su di una tortiera circolare a cerniera imburrata e infarinata, conservandone una piccola parte che servirà per formare le striscioline decorative. Una volta che la crema di grano si sarà intiepidita, unirla al composto con la ricotta, aggiungere infine i canditi e mescolare bene il tutto. Versare il ripieno all’interno della frolla ed eventualmente pareggiarne i bordi; con la pasta frolla tenuta parte formare delle striscioline sottili da disporre a griglia sopra la pastiera. Spennellare infine le striscioline con un tuorlo d’uovo sbattuto e infornare a 200gradi per circa un’ora.
Preparare la pastiera con un paio di giorni d’anticipo in modo che gli aromi possano amalgamarsi al meglio!

mercoledì 11 aprile 2012

La maledizione di Piero.

Chi mi segue su Twitter già lo sa, purtroppo per noi Piero ci ha lasciati.
Ha abbandonato lo studio T. con la medesima classe che lo ha contraddistinto per tutti i sei mesi trascorsi all’interno di questo “studio prestigioso”, ovverosia da pezzo di merda.
Tuttavia non ci ha lasciati soli, portato via il suo tondo deretano ha pensato bene di scaricare [figurativo] dietro di sé una nefasta concatenazione di eventi.
Prima vi devo una breve premessa.
Il buon Piero non nasce né cresce a Genova, viene da fuori e proprio per cercare fortune nella Superba ha deciso di trasferirvisi otto mesi fa, circa.
Da quando il figuro è approdato, Genova ha subito, nell’ordine, una drammatica alluvione e non uno ma due terremoti (sia pure di lieve entità); eventi che non si verificavano ormai da anni, decenni o più.
Il nesso causale tra Piero e questi fatti certamente non esiste però, gigioneggiando come un bulletto di quartiere, con aria più o meno soddisfatta, lo stesso tondo omuncolo affermava: “da quando sono a Genova è successo di tutto”.
Rapida e decisa stretta di coglioni.
Tornando al presente, una volta volatilizzatosi da un giorno all’altro, le disavventure generali sono aumentate.
Personalmente ho perso i miei amati Wayfarer, la mia vespa ha iniziato a dare segni di profondo cedimento (specchietto volato via, serie difficoltà di accensione mai manifestatesi); “collettivamente” si è verificata la fusione del computer centrale dello studio, non si trovano più pratiche dallo stesso maneggiate.
Insomma, come detto, Piero ha lasciato dietro di sé una scia di cattivi presagi (nota lieta è che uscendo dal bagno non lascerà più la solita scia di cattivi odori) e quella sensazione sinistra difficile da eliminare.
Dott. A., per un altro nostro celebre amico, disse testualmente: “io non credo nella sfiga, però devo ammettere che certa gente attira quella che, come dire, la cattiva sorte”.
Sottoscrivo.

martedì 10 aprile 2012

Parole, musica, emozioni.


Scrivo questo post senza sapere cosa ne uscirà, ben conscio che potrebbe anche risultare uno sproloquio fine a se stesso. Non sono nemmeno sicuro di volerlo scrivere questo benedetto post: primo perché è mettere a nudo un pezzo di me stesso e mettersi a nudo prima di conoscersi per bene non è mai bello (e vista la scarsa frequenza con cui transito da queste parti, noi decisamente non ci conosciamo così bene…); secondo, perché ho una paura fottuta di cadere nel banale o – peggio – nel patetico.  E siccome qui il rischio è quello di centrare una magnifica doppietta, lascerei perdere senza nemmeno pensarci. Vigliaccamente è vero, ma con stile.

E invece scrivo, in una sorta di atto dovuto verso quella coppia di menabelini (per i non genovesi, anche se la traduzione intuitiva è senz’altro corretta, leggasi “rompicoglioni”) di My name is Nick e Amarillys. Stufi, a ragione, di sentire i miei monologhi, de tempo mi suggeriscono di molestare i lettori di in-coscienza. E io, con la puntualità che mi si riconosce, obbedisco.

Iniziando dall’inizio, of course…

Avevo dodici anni quando Francesco Guccini ha deciso di manifestarsi in casa mia, con il disco per me più riuscito: “D’amore, di morte e di altre sciocchezze”. Era bellissimo.

L’ho avvicinato per caso, con frammenti rubati all’ascolto di M.L. Mentre lei, affabile, ripeteva parole che le sembravano cucite addosso, io mi lasciavo cullare da una melodia che trovavo rassicurante. Non prestavo attenzione alle parole, convinto com’ero che fossero semplice accompagnamento alle note. La canzone per me era musica, era il rincorrersi di strumenti, il mischiarsi di suoni e di note. Le parole rimanevano un qualcosa di vago e sfumato, sapevo che c’erano ma non le sentivo.

Poi, senza nemmeno rendermene conto, gli arrangiamenti sono diminuiti di tono e intensità, lasciando che fosse il testo di ogni singolo pezzo ad esplodere in tutta la sua potenza. Sognavo di essere il protagonista di “Cirano”, mi sorprendevo a sorridere ascoltando “Il matto”, e incontravo tutti i miei dubbi esistenziali di un tempo in “Stelle”.

Quell’incontro fortuito nel salotto di casa si è trasformato in un’affannosa ricerca dei suoi dischi passati e nel desiderio mai sopito di nuovi lavori. Ho trovato un uomo capace di tradurre in parole le mie emozioni, quando io non sono nemmeno in grado di raccontarle a me stesso. Ho incontrato un uomo pervaso da una patina di malinconia che diventa quasi dolce, nelle sue canzoni come negli occhi di M.L. o nei miei. Mi sono incantato davanti alla sua visione del mondo e ho lasciato che mi parlasse della vita e del trascorrere del tempo, subendo tutto il fascino dei suoi anni. Ho realizzato che stavo cambiando sulle note di “E un giorno” , assaporando gli ultimi attimi di un’adolescenza che non c’è più. Mi sono imbattuto in “Lettera” e “Due anni dopo”, “La canzone delle osterie di fuori porta” e “il vecchio e il bambino”, “Farewell” e “Quattro stracci”, “Una canzone” e “Un altro giorno andato”…canzoni che somigliano a capolavori, pitture indelebili di una realtà da affrontare e non fuggire.

Credo che la vita si possa abbellire e la si possa raccontare. Guccini la racconta, e forse è per questo che mi piace ascoltarlo.

In-coscienti quali siete, perché non provarci?



giovedì 5 aprile 2012

Momenti in cui...


Nell’espletare una delle principali funzioni del praticante avvocato – ovverosia andare a prendere il caffè per tutto lo studio – ho preso l'ascensore, sono uscito dal portone e sono entrato nel bar più vicino, il solito, insomma.
Chiedo quindi alla barista (over 40 ma non male) “quattro caffè da portare via, grazie”; “subito”, risponde lei.
Nel mentre entrano tre persone, due uomini ed una donna (over 30, under 35, decisamente di bell’aspetto) che lavorano in una compagnia di assicurazioni nel palazzo di fronte.
In attesa della preparazione dei miei caffè, loro chiedono i loro e cominciano a scherzare con la barista del più e del meno. Gli argomenti passano dal “semplicemente futili” al “sessualmente interessati” nel momento in cui la donna (over 30, under 35, decisamente di bell’aspetto) vede un serpente giocattolo di gomma posizionato vicino alla macchina del caffè al ginseng.
I più scontati e banali doppi sensi hanno iniziato ad uscire dalle bocche dei tre avventori finché la donna (over 30, under 35, decisamente di bell’aspetto), piuttosto disinibita, inizia a chiedere lumi alla barista (over 40 ma non male) in merito al possesso del serpente, porgendole la testa del gommoso animale.
La mia reazione è l’indifferenza.
La barista (over 40 ma non male), rimanendo in tema hot, con una semplicità disarmante mima una fellatio sulla testa dello strisciante animale.
La disinibita donna (over 30, under 35, decisamente di bell’aspetto), persa per strada la sua “disibinizione”, diventa incredibilmente rossa a discapito del gelo che si è creato nel locale.
La mia reazione non c’è stata, il mio sguardo è rimasto indifferente, forse un sopracciglio si è mosso, il tutto sempre in attesa di quei caffè che non stavano arrivando.
Arrivati i caffè. Pago, sorride, sorrido, ciao, esco.
Pratica(me)nte as usual.
-.-“


(un po' di pubblicità al vecchio Irvine non fa mai male)

mercoledì 4 aprile 2012

Gli occhi gialli dei coccodrilli -Katherine Pancol-



Incuriosita dalla particolarità del titolo, convinta dalle positive recensioni lette su internet decido di leggerlo.

2 sorelle: Josephine, ricercatrice di storia del XII secolo all'università, lasciata dal marito, in gravi difficoltà economiche con 2 figlie odiose da crescere; Iris, bellissima e sposata con un famoso avvocato di Parigi, decide, per riconquistare il marito, di chiedere alla sorella di scrivere un romanzo storico al suo posto, lei si prenderà i meriti del successo del libro e Josephine i soldi.

Attorno a questa storia ruotano e, per alcuni versi, s'intrecciano le storie di altri personaggi: il patrigno di Iris e Josephine e la sua storia d'amore con la segretaria; il marito di Josephine che parte per il Kenya per allevare coccodrilli; il marito di Iris stanco del suo rapporto con la moglie; Shirley, amica di Josephine, che nasconde un segreto; l'amore tra Josephine e il misterioso uomo della biblioteca.

Scrittura scorrevole, ma le storie non decollano.
I dialoghi sono improbabili, non so se a causa della traduzione, ma in alcune parti ti chiedi se la storia é ambientata negli anni duemila o negli anni quaranta.
La banalità caratterizza buona parte del libro ed é evidente che l'autrice, non riuscendo a neutralizzarla con la sue doti da scrittrice, ci prova inserendo nella storia elementi di mistero/suspense. 
Tentativo fallito.
Vi dico solo che verso la fine del romanzo il marito di Iris scopre che non è stata la moglie ad aver scritto il libro, ma la cognata e quindi questa parte della storia si svilupperà nel secondo romanzo (il valzer lento delle tartarughe) e dovrei essere già il libreria a comprarlo curiosa di sapere come va a finire, pronta a divorarlo per vedere se davvero il marito di Iris prova qualcosa per la cognata (sì, tra le righe sembra così), ma niente.
Il primo libro non ha stimolato la mia curiosità e considerando il mio, generalmente alto, livello di curiosità, é evidente che qualcosa non va nella narrazione della Pancol...

Se, invece, nonostante la mia non positiva opinione, decidete di leggere gli occhi gialli dei coccodrilli e, poi, anche il valzer lento delle tartarughe, sappiate che c'è anche il terzo libro gli scoiattoli di Central Park sono tristi il lunedì. 
Contenti voi..

lunedì 2 aprile 2012

Sguardi...


"Ma gli sguardi della gente, ci hai mai fatto caso tu?..."
"...a una madre che non vede, così non ci soffre più..."
"...che ti senti un'altra foglia che va, finché il vento voglia..."

Quelle che leggete sono solo alcune rime tratte da "sguardi", un pezzo tratto dall'ultimo album di Gianluca Grignani.

Immagine tratta dall'album di Gianluca Grignani "Natura Umana"
Buonasera a tutti,

oggi è domenica 1 aprile, io sono Dott. A. e questa non è la Punzicata!
Questa sera ho deciso di dedicare qualche riga ad uno dei miei artisti preferiti, autore di splendidi pezzi come "Falco a metà" o "Il più fragile" ed album altrettanto belli come "La fabbrica di plastica", "Il re del niente" e l'ultimissimo "Natura Umana".
Ho sempre sentito rivolgere molte critiche a Grignani, la più comune è che "se la tira", oppure che i suoi testi sono "vuoti", "troppo semplici" e le canzoni "tutte uguali". 
Personalmente credo che pochi cantanti italiani sappiano esprimere in musica le emozioni che derivano dalla vita reale, specie se fanno del proprio vissuto e per quanto mi riguarda ho spesso trovato nei suoi testi le risposte a molte domande o le parole per esprime alcune sensazioni.
A parere del sottoscritto, che forse se ne intende di più di politica o di economia, la musica non è solo note ma soprattutto emozioni e Grignani ce le ha sempre fatte ascoltare e capire con i suoi testi.
Perciò ascoltate tutti "Sguardi" cliccando qui sotto:

Naturalmente la mia passione musicale non può cancellare del tutto la mia vena polemica e attendo ansioso i commenti, non solo dei fan, ma anche dei suoi detrattori che sono certo non mancheranno.

Parola di Dott. A.

domenica 1 aprile 2012

Quasi amici (di O. Nakache ed E. Toledano)


Quando mi è stato proposto di andare a vedere "Quasi amici" la mia risposta è stata: "mmm, ah, vabbé, ok". Insomma, io e l'entusiasmo non eravamo proprio amici, tanto meno quasi.
Mi siedo quindi sulla poltrona con una serie di pregiudizi nemmeno lontanamente paragonabili a quelli che si sentono quotidianamente nei servizi dei tiggì.
Inizia il film ed inizio a sbuffare.
Prosegue il film e smetto di sbuffare.
Già, "Quasi amici" è una storia già sentita, già vista, per nulla originale. Insomma, scontata, la storia; non scontato ed assolutamente divertente come viene raccontata.
E' divertente un film che tocca argomenti quali tetraplegia, storie borderline da banlieu francesi, di morte?!
Beh, sì, decisamente. L'intreccio tra tematiche superficialmente complesse viene tessuto con assoluta naturalezza, mai banale e sempre pronto a strappare un sorriso allo spettatore; non a ricercarlo a tutti i costi, ma proprio a strapparlo, e con successo.
L'ottima riuscita del film è proprio questa, la sua leggerezza (ma occhio a non fraintendermi), il suo non sforzare lo spettatore shakerandolo in quel mix comico/drammatico legato al meglio.
Non giudico le interpretazioni perché non ne sono capace, mi limito a dire che ho trovato entrambi (gli per me sconosciuti Omar Sy e Francois Cluzet, quest'ultimo spaventosamente simile a Dustin Hoffman) azzeccati per il ruolo. Quest'omone nero capace di piangere, ridere e mettersi guanti in lattice per le operazioni di pulizia meno consuete.
La circostanza, poi, che il tutto sia tratto da una storia vera poteva essere una radice nascosta sulla quale inciampare; invece così non è stato ed anzi, l'"omaggio" finale ai reali personaggi non fa altro che rendere il tutto ancor più terra terra, più vicino ed ancor più reale.
Insomma, Quasi amici è un film che si mette a nudo prima di essere visto, lo spettatore sa praticamente tutto, tranne quel piccolo particolare sul come quel che già si sa viene proposto. E non è un dettaglio da poco; non fermatevi alle apparenze, rischiereste di finire come me nel pregiudicarvi la visione di un film davvero bello.