giovedì 28 marzo 2013

Settimana pesante, grigia, dentro e fuori.
Per fortuna da domani ricomincio a mangiare i dolci..

..e tu sarai il primo ad essere sacrificato!



mercoledì 20 marzo 2013

Alla vigilia dei 29.

Zia Amarillys: "Bea se domani qualcuno ti chiede quanti anni compie tua zia, tu cosa devi rispondere?!"

Bea: "21!"

Zia Amarillys: "brava!"

Bea: "ma non è vero!"

Zia Amarillys: "perché, scusa, quanti ne dimostro?"

Bea: "DICIANNOVE!"


Per stasera mi illudo che a 7 anni sappia distinguere una 19enne da una 29enne..

martedì 19 marzo 2013

La nonna

Ultimamente in-coscienza ha scoperto il piacere del teatro, il costosissimo teatro, almeno per Amarillys che, non potendosi permettere uno spettacolo a settimana, é ben lieta di ospitare amici, parenti e conoscenti e dar loro una pagina bianca per poterci parlare dell'ultimo spettacolo visto a teatro.
Stasera é la volta di un amico, C.S., che ci dirà la sua su "la nonna" in scena al Teatro Duse di Genova fino a domenica 24 marzo.
(Se non avete ancora fatto il regalo a papà potrebbe essere una bella idea..)




"A conferma che, prima dello spettacolo, leggerne la trama può essere utile, l’ambientazione è una sorpresa solo per me.
Siamo in cucina, sono più i frigoriferi (sistematicamente vuoti) degli attori, il cibo riposto nel pianoforte che l’indolente “Chico”, Dighero, suona senza alzarsi dal letto.

Emergono da subito la nonna, inarrestabile macchina da pasti, e Angela, servile zia a cui non riesce un caffè decente manco a pregare. “Carmelo”, Paci, laborioso immigrato siciliano mantiene tutta la famiglia, completata da Maria e Marta, moglie e figlia di Carmelo.
La crisi già incombe e per fronteggiarla Carmelo esorta l’ignavo fratello a lavorare per contribuire alle spese. Tutto il primo atto sarà caratterizzato dal susseguirsi degli infruttuosi espedienti concepiti da Chico per evitare di farsi carico dell’ignobile vecchia onnivora.
Il ritmo è spedito e cresce con l’aggravarsi della situazione economica, scandito dalle invocazioni della vecchia e dai conseguenti scatti d’ira di Carmelo, dai caffè di zia Angela e dal chiudersi delle ante inutilmente aperte nella continua ricerca di cibo.

Nel secondo atto la componente tragica è preponderante (fingo consapevolezza nel prender coscienza che di tragicommedia si tratta), diminuiscono le risate, si assiste all’inutile sacrificio di Marta ed alla annunciata sconfitta di tutta la famiglia. Alla fine i fiori sono tutti per la nonna, nel senso che finisce per fagocitare anche quelli nella totale indifferenza della catastrofe che la circonda. E’ l’epilogo della vicenda, grottesca e capace di invogliare il sorriso anche nella circostanza più penosa.

Primo atto molto divertente e nel complesso spettacolo piacevole, bene interpretato soprattutto nei ruoli chiave da Dighero, Paci e “nonna” Simona Guarino.
A conferma che, a spettacolo concluso, discuterne a volte aiuta, mi chiariscono che la nonna, metafora della dittatura di Videla, qui simboleggia l’attuale crisi economica. STICAZZI. Finalmente mi spiego gli sguardi riflessivi dei vicini di posto durante il secondo atto. Non che avessi una posa diversa, ma dopo due ore di “formagia salama prosiuta” pensavo più che altro a dove andare a mangiare…"

C.S.

venerdì 15 marzo 2013

Qui e ora.




In sala le luci si spengono, il sipario resta calato e senti il fracasso causato da un incidente stradale.

Il sipario si alza e vedi due motorini incastrati tra loro e due corpi a terra e senti un cellulare che suona e suona e suona.
Uno dei due a terra riprende conoscenza, si lamenta, prova ad alzarsi, ma è tropo doloroso farlo, riesce a recuperare il suo cellulare che continuava a squillare e dice due parole: “ciao Gigi!”.
E le dice, con un inconfondibile accento romano, come se nulla fosse successo, come se non fosse sdraiato a terra dolorante perché coinvolto in un brutto incidente stradale.
E ridi. Tutta la platea ride e per tutto lo spettacolo ridi, di quelle risate che ti escono dal cuore, spontanee. (Solo il signore seduto accanto a me non rideva, se mi legge, signore della fila 15 posto 34, e se la faccia una risata ogni tanto!) 
Dopo poco anche l’altra persona a terra riprende conoscenza e da quel momento inizia un dialogo esilarante tra i due: l’uno, Valerio Mastandrea, interpreta uno spocchioso chef - non un cuoco, come lui stesso ci tiene a precisare – che accusa l’altro, Valerio Aprea, disoccupato, non solo di aver causato l’incidente, ma anche di rappresentare quella bassezza sociale e mediocrità d’animo che sono causa di tanti mali e lo fa con un cinismo esasperato e un susseguirsi di battute pungenti.

Controllate se c’è qualche data nella vostra città, non potete perderlo!

mercoledì 13 marzo 2013

Fumo bianco negli occhi

Eppure io continuo a vedere lo stesso errore.
Eppure io continuo a vedere gli stessi comportamenti.
Continuo a vedere le persone accalcarsi e spendere fiumi di parole ad ogni elezione. 
Non importa che si tratti di un Papa o di un politico. Non conta quanto cominci a pesare la fatica, quanto il fiato si stia facendo corto e che le forze in questi anni ci vengano a mancare.
Non bastano gli insegnamenti del passato e gli errori del presente. Io continuo a vedere interi popoli tifare per un uomo solo, affidarsi ad un uomo solo, credere che questo o quell'individuo, per il solo fatto di ricoprire un ruolo unico, possa in qualche modo essere unico esso stesso e possedere quelle qualità tali da trovare la soluzione ad ogni problema. 
Forse non lo pensiamo veramente, anzi è solo una sensazione. Ma è una sensazione bella, come la prima volta che si assapora il corpo di una donna. Riflettendoci non è quello che conta, conta come sarà la nostra storia con lei, ma quel singolo momento, quell'attimo, è talmente bello da portarci a ricercarlo ancora e ancora, spesso senza badare al percorso e senza trarne insegnamento.
Se abbiamo tanto bisogno di un punto di riferimento perché non può essere un'idea? 
Forse perché siamo umani e di questo, in fondo, non dobbiamo vergognarci. 

Dott. A. 

martedì 12 marzo 2013

Sono metereopatico.




Partiamo da un presupposto.
Anzi… due.
Insomma, fatemi prima dire due o tre cose giusto per inquadrare l’argomento, il personaggio, l'ambientazione.
Odio la pioggia. Odio - la - pioggia. Odio la pioggia quando devo usare l’ombrello. Se non devo usare l’ombrello… boh insomma, non è che mi faccia proprio impazzire, ma neanche la disprezzo, la pioggia. Mi è quasi indifferente. In certe occasioni può pure fare un po’ ambiente. Mi metto un cappello, un cappuccio, delle scarpe pseudo da pioggia. E vado. Vado per la mia strada. Rigorosamente senza ombrello. Magari, alle volte, addirittura senza copricapo, chè fa più figo.
Ma quando devo andare in Studio, in Tribunale, insomma in giro per lavoro, purtroppo non posso andare in giro “scolo”, ed allora eccolo lì: l’ombrello appare l’unica soluzione possibile. 
Credetemi, ne ho provate altre. Tante, ve lo assicuro. Ho comprato dei meravigliosi copriscarpe di gomma, in modo da rendere “da pioggia” qualsiasi paio di scarpe. Ho comprato una specie di “muta” da indossare sopra qualsiasi abito. Purtroppo, però, tra una dimenticanza qui, una dimenticanza là, ed un “ ma poi sta roba dove me la metto?” non c’è mai una volta in cui il mio completo da foresta pluviale sia disponibile e possa, trionfalmente, fare da supplente al mitico SUSINO senza farlo rimpiangere.
E non dite che non capite cosa sia il SUSINO. Tanto lo so che ce l’avete pure voi. E’ l’ombrello del marocchino giù all’angolo. Quindi ce l’avete anche voi. Non si discute.
A questo quadro già poco sereno, metteteci pure che la mattina, quando mi alzo e guardo fuori, se malauguratamente vedo che piove, tutto si complica. Sarà l’ansia da ombrello. Ma già la giornata inizia decisamente storta. Quando poi, sbrigate le commissioni della prima mattina (caffè-bagno-mivesto) ricontrollo fuori ed ho la conferma che ancora, imperterrito, piove... ecco, mi girano proprio i coglioni. Sono metereopatico.
Mettete ancora, poi, che vivo in una città dal clima invidiabile. Sole, aria spesso spazzata da una fresca brezza, mai troppo caldo, mai troppo freddo. Un clima meraviglioso. Tranne quando piove. Perché quando piove, a Genova, sono cazzi. Cazzi amari.
Quando piove, a Genova, c’è un vento che porta via. 99%. Quindi tu sei lì vestito di tutto punto. In una mano la 24 ore. Nell’altra il SUSINO. Che pesa circa 7 kg. (Si insomma… costa 5 euro, è pseudo-elegante, tiene più o meno bene la pioggia, è sufficientemente grande… insomma, la fregatura doveva esserci: probabilmente ha l’anima in ghisa). Capite bene che in queste condizioni, una banale folata di tramontana può essere fatale. Basta quel minimo errore di qualche grado di inclinazione che tutto può andare a scatafascio in pochi secondi. Un attimo di distrazione e fate la fine di Mary Poppins.
Ecco. Dicevamo. Piove, l’ombrello ballerino, l’umore già nero, il vento.
Ma in tutto questo c’è una cosa, un’invenzione, un oggetto che mi fa raggiungere picchi di nervosismo ed incazzatura che in confronto… boh il confronto non lo so, mettetecelo voi.
Avete presente quelle cazzo di tende parasole a cupola che sono sopra alle vetrine dei negozi?!? Tipo…. queste?!?!?

Avete presente che, tradizionalmente, queste tende PARASOLE vengono usate dai nostri beneamati commercianti come tende PARAPIOGGIA? Non ha senso, lo so. Avete presente che queste tende “insistono” su tratti di marciapiede stretti, al di sotto dei quelli scorrono fiumi in piena?? Voi siete lì, che state camminando frettolosamente per raggiungere il meno fradici possibile la meta, con la 24 ore nella mano sinistra ed il SUSINO nella mano destra, già traballante a causa della tramontana. Vi apprestate a passare sul marciapiede facendo la massima attenzione a non mettere il piede giù dallo stesso per non essere travolti dal Rio delle Amazzoni in piena e….. TAC.
E' un attimo, ma è fatale. E' la punta del SUSINO che, fottendosene di tutta la vostra fatica e di tutto il nervosismo già precedentemente accumulato, va ad incocciare nella stramaledettissima tenda parasole del commerciante più stronzo della zona. E poi in quella dopo, e nella successiva. Fino quasi ad incastrarsi, in modo tale da creare, in un brevissimo attimo, la situazione più sgradevole che una giornata di pioggia possa fornire. L’ombrello rimane indietro, facendo sì che il malcapitato proprietario cammini per un brevissimo tratto senza riparo. Ma bagnandosi clamorosamente. Senza contare che tutto ciò fa perdere il passo, sempre e comunque ultrafrettoloso di un giovane lavoratore. Ma il peggio deve ancora venire. Perché nel raddrizzarlo, l’ombrello SUSINO, con un movimento del tutto indipendente dalla volontà del braccio portante, scaricherà tutta l’acqua accumulata nel tratto punto di partenza – puntodiimpattoconlatendedelnegoziantemaledetto sulla testa, o sulle spalle, dell’incolpevole e malcapitato soggetto.
Se c’è qualcosa di peggiore, ditemelo. Perchè, per me, il peggio che possa capitare è proprio questo.
Ecco. questo è quanto. L'ho pensato tante volte, ora che ho un blog a disposizione l'ho voluto condividere. Scusate lo sfogo. Torno nel mio silenzio, a cercare di far asciugare i pantaloni.
Alla prossima, si spera senza ombrello.

LoZio. 


 

passo dopo passo..l'importante e' non stare fermi

Io la mail l'ho mandata, adesso vediamo cosa succede.
Naturalmente é tardi per poter iniziare adesso e se ne parlerà in autunno, colpa mia che faccio trascorrere sempre troppo tempo tra il momento in cui mi frulla per la testa un'idea e il momento in cui la metto in pratica.
Oppure é un segno del destino?
Un po' come l'altra mattina, quando ho ricevuto una mail che mi informava che uno studio legale di Milano cerca un avvocato e solo la sera prima fantasticavamo sulla possibilità di trasferirci all'ombra della madunina.
Poi, cercate informazioni sullo studio legale, ho scoperto che non si occupa neanche per caso di diritto penale..altro segno del destino?
Sto esagerando, aspettiamo, pazientemente.
Cosa che mi viene facilissima da fare ultimamente, si si..

martedì 5 marzo 2013

Confesso.


Sono disordinata.
La scrivania di casa, quella dell’ufficio, l’armadio, il portafoglio.. tutto in disordine.
Perché poi nelle cose mie di lavoro o studio sono ordinata, precisa, super organizzata, ho tutto sotto controllo e aiutata da una memoria di ferro, ma alla fine è un ordine che riguarda solo le cose di concetto, non materiale.
Tutto ciò che riguarda le cose fisiche deve essere in disordine e, quindi, la mattina mi vedete rovesciare, letteralmente, tutti gli abiti che ho nell’armadio sul letto perché non trovo quella maglia che voglio mettermi e sono in ritardo, oppure a cercare l’orecchino sinistro che, naturalmente, non è vicino al suo compagno, ma in mezzo a tutti gli altri bijoux sparsi sulla scrivania, o ancora, a cercare nelle mille mila trousse che ho sparse tra cassetti, mensole e mensoline la matita nera o il lucida labbra. E non parliamo dei cassetti..
Una volta al mese potrete vedere la mia camera veramente in ordine quando mi dico ma sì proviamoci con armadio in ordine, cassetti in ordine e non ricettacolo di tutto ciò che non trova un posto fuori, libreria in ordine, ma dura poco, poi torna il mio caos.
Il fatto è questo: a me quelle scrivanie perfettamente in ordine, quegli armadi in cui gli abiti sono ordinati per colore o solo che piegati e impilati perfettamente METTONO L’ANSIA!
E la mia è una vitaccia considerando che mia mamma, il mio capo e il mio ragazzo sono degli irriducibili precisetti (al limite con la pazzia, diciamolo).
Io la noto l'espressione al limite del disgusto quando il capo entra nella mia stanza e vede ciò che regna in assoluta anarchia sulla mia scrivania (nb: mai perso un fascicolo, un foglietto, un post it o altro, per ricordavi il mio ordine mentale).
Ah.. dimenticavo che Bea, una volta, sedutasi alla mia scrivania per fare i compiti, esclama con soddisfazione finalmente un po’ di ordine!



lunedì 4 marzo 2013

...Sparati Piero, sparati ora e dopo un colpo SPARATI ancora... - Ipse Dixit secondo il Dott. A.

Parafrasando "La guerra di Piero" stavo quasi pensando di appropriami settimanalmente dell'etichetta "Ipse Dixit" per citare le ultime parole famose di qualche pirla di turno, possibilmente di quelli col culo abituato agli scranni del Parlamento.


In tutta onestà non so se porterò avanti questa rubrica con costanza micidiale, ma siccome chi ben comincia meglio alloggia non posso non inaugurare questo filone citando l'unico, vero, ineguagliabile pirla del momento: Piero Fassino che nel 2009 parlò così:

"...Se vuole fare politica (Grillo n.d.r.), che fondi un'organizzazione faccia un partito e vediamo quanti voti prende..."

Ammetto che prendersela con Fassino è un po' come iscrivere Rosy Bindi ad un concorso di bellezza, una vigliaccata, però l'ilarità che mi suscita riascoltare questa geniale uscita del vate Fassino mi fa scemare ogni remora e anzi voglio renderne partecipe anche il mio amato pubblico, con il video qui sotto:




Dott. A.

venerdì 1 marzo 2013

Comunicazione di servizio

Dopo aver abbracciato cani ed aver latitato durante l'intera campagna elettorale, ritirardosi nei salotti televisivi, Silvio ha detto che andrà in piazza il 23 marzo contro i giudici che sarebbero "il vero cancro di questo paese".

Viste e considerate queste sensatissime affermazioni in-coscienza mi sento di dire...


Silvione, considerato che:
  • sicuramente quello dei giudici è tra i temi chiave che assilla gli italiani in questo periodo;
  • che hai governato splendidamente negli ultimi 20 anni realizzando puntualmente ogni promessa ed arricchendo a dismisura il paese;
  • che non hai 80 anni e non hai rotto il cazzo quasi per nulla.
Gli italiani sarrano li in piazza ad aspettarti.

Dott. A.


PS: per i lettori meno brillanti si precisa che l'ultima frase della missiva non è scritta in senso ironico.